La chia è una pianta floreale della famiglia Lamiaceae, nativa del Guatemala e del Messico centrale e meridionale. Nel Codice Mendoza – un manoscritto mesoamericano del XVI secolo – si sostiene che la pianta fosse coltivata dagli Aztechi in epoca precolombiana. I suoi semi sono noti per il loro contenuto di calcio (177 milligrammi per ogni porzione da 100 grammi, il 18% del fabbisogno giornaliero) e di acidi grassi essenziali omega3 (per il 20% del loro peso, una caratteristica che li rende affini ai semi di lino e all’olio di lino) e omega6. I semi di chia contengono anche altre sostanze: vitamina C (5,4 milligrammi ogni 100 grammi) di 7 volte superiore rispetto a quello delle arance, un contenuto di potassio (809,15 milligrammi ogni 100 grammi) doppio rispetto alle banane e una presenza di ferro (9,9 milligrammi ogni 100 grammi) tripla rispetto agli spinaci. Ma contengono anche altri importanti minerali come selenio, zinco e magnesio, oltre a vitamina A, E e B6.
Dal punto di vista nutrizionale, i semi di chia sono paragonabili a quelli del lino e del sesamo. La parola chia deriva dal nahuatl chian, che significa oleoso. Il nome dell’attuale stato messicano del Chiapas deriva dall’espressione nahuatl “acqua chia” o “fiume chia”. La Salvia hispanica è una delle due piante note come chia, l’altra è la Salvia columbariae, più nota come golden chia. La chia è una pianta erbacea che può raggiungere l’altezza di un metro. I fiori sono viola o bianchi e si presentano come infiorescenze composte (racemo). Possono essere consumati nella macedonia, nel pane fatto in casa, nelle zuppe e nel budino.