Baratto, il “vecchio” è tornato di moda 

È tempo di...È tempo di...
27.05.201527.05.2015

Scambio, riuso e riciclo. La nuova tendenza partita dagli Stati Uniti. Che ora sta prendendo piede anche da noi. In negozio o sul web non fa differenza. Dall’abbigliamento ai mobili, è swapping-mania. All’insegna del risparmio e dell’ambiente


Vuoi un po’ per la crisi, vuoi un po’ anche per la mania del riciclo. Fatto sta che il baratto sta tornando di moda. Una nuova tendenza che da un lato aiuta a risparmiare e dall’altro a rispettare l’ambiente. Negli Usa la chiamano “swapping”. Ed è arrivata anche in Italia. Non solo con l’apertura di veri e propri punti di scambio. Ma anche, se non soprattutto, sul web dove le pagine dedicate al baratto sono sempre più diffuse.
Dall’abbigliamento all’arredamento, si scambia praticamente tutto. Non serve avere un indumento di marca o un mobile di pregio. L’importante è che, qualunque sia l’articolo che volete “swappare”, sia in buono stato. Insomma, se dovete rinnovare il guardaroba o la libreria dello studio, prima di buttare via tutto ricordatevi che avete un’alternativa. Con il vantaggio di trovare quello che state cercando senza spendere un euro. Già, perché in questi “negozi”, siano essi reali che sul web, il denaro non serve: per ogni oggetto scambiato se ne porta a caso uno di valore più o meno analogo. E così, il baratto dell’usato sta diventando sempre di più un appuntamento fisso nelle granfi città italiane. E, come detto, non solo per effetto della crisi. A volte è anche una questione culturale e di vita: barattare, riusare e, quindi, riciclare è meglio che inquinare, è il motto degli adepti di questa lodevole filosofia di vita.
Stando ai risultati di uno studio diffuso da Coldiretti, queste nuove ma in verità antichissime, forme di mercato piacciono a tre italiani su quattro. Si va dagli swap party (feste dello scambio) improvvisati nelle piazze, agli swap shop, veri e propri negozi del riciclo raffinato e di lusso. Poi ci sono anche le cosiddette Banche del tempo, associazioni che pagano il lavoro con dei crediti virtuali da spendere per acquistare o fruire di altri servizi. Per esempio, con una lezione d’inglese potremo “pagare” una baby sitter per due ore. In Italia ce ne sono già circa 200. 

Condividi